Non ci ferma neanche il lockdown. O meglio, ci costringe a ripensare a nuove forme e nuovi modi per “incontrarci”. Così sabato scorso, 18 aprile 2020, abbiamo lanciato la “puntata zero” di CorRelazioni, il ciclo di appuntamenti che avremmo voluto proporvi quest’anno per esplorare insieme il mondo delle relazioni che si intrecciano attorno all’adottato. Abbiamo tentato un esperimento, consapevoli che la mediazione di un computer va a discapito della spontaneità e del coinvolgimento che hanno sempre caratterizzato i nostri incontri, ma altrettanto consapevoli che in questo momento è l’unica soluzione praticabile per colmare le distanze e nutrire i legami.
È stata l’occasione per presentare a chi ci conosce e ai tanti che si sono avvicinati ad Amici per la prima volta il gruppo degli adottati adulti AAA, le attività fatte insieme fino ad oggi e quelle in programma per il prossimo futuro.
Fondamentale iniziare ponendo l’accento sul senso di questo gruppo, definito “uno spazio protetto dove sentirsi a casa”, dove ciascuno si sente finalmente libero di essere se stesso, senza maschere e senza filtri, certo di trovare ascolto, comprensione e sospensione del giudizio.
Un luogo di riflessione collettiva, dove è stato possibile in questi due anni narrarsi e lasciarsi conoscere attraverso gli oggetti di affezione – quelle cose che è limitante definire “oggetti”, perché custodiscono, rappresentano e interpretano la nostra storia – e attraverso le memorie sensoriali, i ricordi legati a ciascuno dei cinque sensi che ci permettono di rievocare e far riaffiorare un passato che si credeva dimenticato.
Gli AAA sono preziosi non come “testimoni”, ma nel loro ruolo di protagonisti ed esperti, nel significato etimologico di “chi ha cognizione per esperienza avuta”, che ha sperimentato, vissuto, provato ed è dunque consapevole.
Per questa ragione a loro è dato il compito di guidare le riflessioni che accompagneranno gli appuntamenti di CorRelazioni, a partire da un’osservazione – o piuttosto un dubbio: la condizione di adottivo influenza, condiziona, determina le relazioni in cui un adottato è immerso?
La ferita dell’abbandono ha inciso per alcuni nel rapporto con il proprio partner o con gli amici, traducendosi nel timore di essere senza una ragione precisa lasciati, trascurati, allontanati.
Per alcuni l’essere adottivo è stata una dimensione quasi “trasparente”, come se non si potesse o volesse portarla alla luce per “vederla” finalmente.
Nella relazione con i genitori adottivi è emersa la costante di una “gratitudine dovuta”, che sottintende una concezione dell’adozione – ancora diffusa – come bel gesto, solidarietà, generosità salvifica. “Ci si aspetta che un figlio biologico debba ai propri genitori la stessa gratitudine?”, ci si è chiesti. Non ci sono risposte, piuttosto questioni messe sul tavolo per dialogarne e nel confronto aprire i propri orizzonti e trovare nuove prospettive.
Si è parlato di valorizzazione delle differenze, traguardo a cui si è giunti dopo essere passati attraverso una difficile accettazione della propria diversità e il desiderio di sentirsi “uguali agli altri”.
Quelle qui riportate sono solo alcune delle prime riflessioni emerse nel corso della “puntata zero” e che saranno approfondite nei successivi incontri di CorRelazioni.
Che si tratti di un luogo fisico o virtuale, l’approccio sarà sempre quello della condivisione e del confronto tra diversi punti di vista: quello delle famiglie adottive, quello dei genitori in attesa, quello degli adottivi e quello tra gli AAA stessi. All’interno del gruppo, infatti, ci sono storie di adozione molto diverse e sguardi sull’adozione differenti. Ma la certezza di far parte di questo gruppo è quella di sentirsi accolti, ascoltati, compresi e poter decomprimere alcune emozioni sopite nel quotidiano.