Tra qualche ora lasceremo la Colombia. Chiuse le valigie, nel silenzio della notte, riusciamo a guardare dietro, alla strada percorsa fino a qui.
Quella in Italia, alla ricerca di qualcuno pronto a sostenerci, nonostante la pandemia, ad arrivare a Bogotá nel minor tempo possibile per tener fede alla promessa fatta ai nostri tre figli. Ci dicevamo: i bimbi hanno già atteso, ogni giorno è un giorno perso nella loro ricerca di felicità e serenità.
Abbiamo trovato sulla strada tante persone pronte a scandalizzarsi per il tempo perso, ma pochissime orecchie pronte ad ascoltare davvero e, ancora meno, mani pronte ad agire.
Tra queste ci sono sicuramente quelle degli operatori di Amici di Don Bosco, che se ogni bimbo avesse dalla sua parte sarebbe certamente più sicuro di trovare i genitori attesi nel minor tempo possibile: non solo ci hanno fatto fare le cose giuste al momento giusto, ma bene e con un sano spirito di ottimismo e speranza.
E poi c’è la strada fatta qui in Colombia. Sono trascorsi 45 giorni dal nostro arrivo a Bogotà, e di questi 37 con i nostri tre figli.
È una vita nuova, è una vita rumorosa e piena. Ci sono stati giorni difficili, siamo stati messi a dura prova… Abbiamo figli esigenti e credo abbiano cercato di capire se eravamo alla loro altezza. Ovviamente non lo saremo mai, ma ci siamo impegnati, ci impegniamo e ci impegneremo.
Stare a Bogotà al tempo del covid-19 è difficile. Iniziare a essere e vivere come famiglia in questo tempo è come cercare di lottare contro i mulini a vento: è cosa solo per sognatori, per pazzi o per coraggiosi. Non so chi siamo noi, ma ci abbiamo provato.
Abbiamo organizzato uscite quotidiane, anche dopo l’immancabile acquazzone, trovando il tempo per giocare, per abbracciarsi e anche per imparare a guardarli da lontano. Tempo per correre, per spingerli sull’altalena, per fare tuffi a bomba in piscina. Tempo per camminare mano nella mano. Ma anche tempo per cucinare insieme e rifare i letti. Tempo, tanto tempo (ma sembra sempre troppo poco) per coccolare e lasciarsi scoprire, anche nelle debolezze, come quando il secondo giorno la mia bimba più grande si è addormentata serena mentre la accarezzavo… ed erano le 5 di pomeriggio e io sono scoppiata a piangere. E scoprire nei bambini la voglia, il bisogno di coccole e parole dolci sussurrate.
È stato tempo per scoprire anche la rabbia dei bimbi, la paura di ciò che sarà, la durezza e l’aggressività nei modi. E anche qui tempo per piangere, asciugarsi e asciugare le lacrime e ripartire.
Su questa strada, a scandire il tempo, il prezioso e insostituibile aiuto di Marien. Come parla lei ai bimbi noi mamme ce lo sogniamo! Lei rimarrà sempre nei nostri cuori, con la sua presenza delicata e forte allo stesso tempo, con i suoi sorrisi e la commozione nel vederci arrivare (prima coppia dopo mesi) e andare via, pieni di fiducia e rincuorati dalle sue parole.
Di strada a Bogotà ne abbiamo fatta, sono i primi passi della nostra famiglia e a noi sembra già tantissima. Sappiamo che salendo sull’aereo ce ne aspetterà molta, molta altra.
Rifaremmo tutto, per filo e per segno. Prima in Italia e poi qui a Bogotá.
Dalla firma del mandato subito dopo il decreto di idoneità, la rinuncia alle chiamate per l’adozione nazionale, la segnalazione, l’attesa nel tempo del covid 19, le lettere scritte al Presidente del Consiglio, alla Ministra della Famiglia, a quello degli Esteri, al Presidente della Regione Puglia, al Garante per i diritti dei bambini, al Papa. I contatti in Colombia. Tutto.
Continueremo a camminare, in cinque, tenendoci per mano prima e stando a guardare loro tre crescere e scegliere la loro strada.
Abbiamo promesso di ritornare in Colombia, insieme, per regalarci il tempo che ci è mancato per poter scoprire meglio questo paese così bello, così unico da averci dato i doni più preziosi e attesi.
Ciao Bogotà, ciao Colombia… hasta pronto!
Emanuela e Marco