Il 3 maggio 2022, in occasione della Giornata mondiale per la libertà di stampa, il Movimento Mezzopieno, insieme un centinaio di enti promotori (tra cui Amici di Don Bosco), aderenti, patrocini e giornalisti, organizza la seconda edizione della Giornata Nazionale dell’Informazione Costruttiva per coinvolgere giornalisti e giornaliste di tutta Italia, redazioni e media in un momento di azione e sensibilizzazione sul giornalismo e sull’informazione al servizio della società. Il 3 maggio, i professionisti dell’informazione sono invitati a pubblicare e dare risalto a notizie, reportage e storie costruttive, con l’obiettivo di realizzare un’informazione al servizio del benessere dei lettori e del bene comune, libera da sensazionalismi, polemiche, fake news e che sappiano aiutare il lettore a comprendere la realtà e portare consapevolezza e fiducia nel mondo e negli esseri umani.
Questo articolo è stato scritto per la Giornata Nazionale dell’Informazione Costruttiva 2022 (#GNIC2022).
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Un tema delicato e di grande attualità come quello delle adozioni internazionali ben si presta a fraintendimenti e facili generalizzazioni se non viene affrontato nella sua complessità e nelle sue mille sfaccettature. È doveroso dare informazioni trasparenti e precise ancor più quando si tratta di minori: è importante, pertanto, ricercare un punto di equilibrio tra la necessità di colpire l’attenzione del pubblico e rispettare la dignità dei protagonisti. Una buona comunicazione, che restituisca fedelmente qual è il ruolo degli enti autorizzati e dei servizi territoriali, che contestualizzati le cifre, che tenga conto dei cambiamenti nello scenario dell’adozione internazionale, che analizzi i percorsi di costruzione dell’identità dei figli adottivi nella società italiana può contribuire a formare un’opinione pubblica consapevole e dare nuova linfa a una forma di genitorialità sociale così preziosa.
Il discorso sulle adozioni internazionali risente sia delle trasformazioni nel concetto di famiglia e delle relazioni al suo interno, sia della globalizzazione che ha reso la società sempre più multiculturale. L’utilizzo di termini poco appropriati è dettato non tanto dal reale intento di attribuire una connotazione negativa o discriminatoria, quanto piuttosto dalla mancanza di una capacità di compenetrarsi con le storie e i pensieri di chi vive realmente queste esperienze e dalla superficialità con cui le si affronta e le si racconta.
Vi è l’esigenza di un’informazione che sia rispettosa delle situazioni personali e familiari. Rispetto che significa anche preoccuparsi di non dare una versione unilaterale dei fatti, ma ascoltare chi ha avuto modo di seguire il minore e di vivere certe situazioni.
Quello che in questi anni di esperienza Amici di Don Bosco ha cercato di fare è promuovere una buona narrazione dell’adozione, corrispondente alla realtà, senza mettere l’accento sulla patologia o sul caso di cronaca, perché al centro ci sono soggetti fragili che meritano di essere tutelati. Abbiamo spesso toccato le corde dell’ironia e della sottile provocazione, ma sempre con l’obiettivo di costruire una comunicazione pertinente ed efficace, che integrasse per completezza la visione restituita dai media, dove le notizie riguardanti le adozioni sono essenzialmente hard news, notizie di cronaca e attualità. L’adozione, infatti, diventa notizia quando subentrano fatti di cronaca nera o giudiziaria che la coinvolgono o quando è legata a situazioni di emergenza, oppure quando viene tematizzata nel dibattito politico (si pensi alla polemica sulle adozioni gay, che nel 2014 copre più della metà delle notizie). In quest’ultimo caso, in particolare, si rischia di piegare la tematica a interessi e visioni di parte, trascurando un approfondimento che sarebbe opportuno per dare una visione più ampia e pertinente del tema.
Si può pertanto dire che l’adozione diventa notizia quando l’attivismo della classe politica, l’atto criminoso o reato, o l’evento drammatico, dunque in generale l’episodio di cronaca nera o giudiziaria, portano l’argomento al centro del dibattito.
La lettura complessiva che i media danno della scelta adottiva è piuttosto inverosimile. Soprattutto in occasione di sciagure e disastri di rilievo mondiale l’adozione è concepita come una scelta altruistica, solidale e umanitaria, una “buona azione”, dunque un gesto eroico, degno di merito. L’adozione non è un’“opera di bene”, ma una misura di protezione del bambino, a partire dal suo diritto a crescere nella propria famiglia d’origine. Nel campo delle adozioni internazionali, per esempio, è necessario spiegare il significato del principio di sussidiarietà, secondo il quale l’adozione deve applicarsi in ultima istanza solo se nel paese di origine non si è potuta trovare alcuna soluzione permanente e adeguata alle necessità dei bambini. Se un minore risulta adottabile, invece, deve passare il messaggio che egli ha semplicemente bisogno di una famiglia, non c’è sempre e solo un passato di dolore e abbandono alle sue spalle, le variabili possono essere molteplici. Bisogna inoltre far capire che un sempre maggior numero di paesi d’origine è ormai in grado di controllare le nascite, ridurre la povertà e incoraggiare l’adozione nazionale e che perciò sono sempre meno i bambini che possono essere dati in adozione internazionale, in particolare i neonati in buona salute che quasi sempre sono adottati nei Paesi d’origine.
Nei media spesso si segnalano i problemi, ma non si affrontano dalle radici, si accenna alla questione ma non la si approfondisce, non si indaga scrupolosamente sull’aspetto più “umano” della tematica e si dimentica l’importanza di preparare sia i futuri genitori che il bambino, abbracciando in particolare i bisogni e i diritti di quest’ultimo.
La stampa, inoltre, non sembra considerare affatto i problemi, i punti di vista e le testimonianze di chi vive in primis il fenomeno, i genitori e i figli adottivi, spesso stereotipati come vittime o descritti con toni patetici e solidaristici. Tutte le volte che vengono riportati episodi di cronaca nera riguardanti minori adottati, inoltre, il fatto che siano figli adottivi è considerato determinante per la notizia e ciò viene spesso messo in particolare risalto nel titolo o nel sommario: ciò restituisce ai lettori un’immagine deformata sia dei genitori adottivi, sia dei loro figli, legati reciprocamente da un rapporto affettivo ed educativo, ma non da quello mitico del “sangue”.
Occorre poi che la stampa colmi la mancanza di un lavoro di scavo esercitando un maggior giornalismo d’inchiesta, per svelare gli interessi economici che ruotano attorno alle adozioni di bambini e rendere così consapevole l’opinione pubblica sensibilizzandola e indirizzandola nella giusta ottica di interpretazione del fenomeno. Svolgere inchieste di tipo conoscitivo è il modo più competente per informare i fruitori, per scavare nei fenomeni sociali, per arricchire e arricchirsi culturalmente mostrando padronanza dell’argomento e, in questo caso specifico, favorire anche una maggior integrazione nella società di chi viene adottato, contribuendo infine a una complessiva evoluzione del pensiero e dell’azione della società su queste tematiche.
Una storia di adozione è sempre, per prima cosa, la storia di una famiglia, che si evolve lungo un percorso d’amore. É quindi doveroso comprenderla e divulgarla in modo completo e pertinente, non solo per garantire il rispetto dei soggetti, ma anche per educare la massa, ai fini di una comprensione sostanziale dei fatti, che miri a una rappresentazione aderente della realtà.