La Commissione Adozioni Internazionali il 4 maggio ha riaperto i termini di presentazione delle domande di rimborso per le spese adottive sostenute dalle coppie.
Il Decreto del Ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia del 28 gennaio 2020, sospeso il 13 marzo 2020 a causa dell’emergenza covid-19, è stato ripubblicato lunedì scorso e a partire da quella data è possibile presentare domande di rimborso per le spese affrontate per l’adozione internazionale concluse negli anni 2012-2017.
Le domande dovranno essere presentate entro il 28 giugno 2020. Restano valide quelle pervenute dal 10 al 13 marzo 2020.
La domanda di ammissione al rimborso ha valore di dichiarazione sostitutiva di certificazione e di atto notorio. Su queste dichiarazioni la Segreteria Tecnica effettua i controlli previsti dalla vigente normativa (D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) con particolare riferimento ai redditi dichiarati, chiedendo riscontro all’Agenzia delle Entrate. Laddove si riscontrassero difformità tra quanto dichiarato e quanto attestato dall’Agenzia delle Entrate, la Segreteria Tecnica invierà una segnalazione alla Procura della Repubblica.
Si possono inviare quesiti e richieste di precisazione esclusivamente per posta elettronica all’indirizzo rimborsi.cai@governo.it non oltre 10 giorni antecedenti il termine ultimo previsto per la presentazione delle domande di rimborso, indicando nell’oggetto “quesito Dmrimborsi”.
Maggiori informazioni relative alla compilazione delle domande e i moduli da scaricare si trovano sul sito della Commissione Adozioni Internazionali nella sezione Rimborsi spese adottive 2012 – 2017 oppure a questo link.
Com’era prevedibile, anche nel 2019 le adozioni internazionali in Italia hanno registrato, a livello nazionale e per molti Enti autorizzati, una flessione, arrestandosi sotto quota mille.
“Le cause del fenomeno sono da ricercarsi in una molteplicità di elementi e ci spingono ad una riflessione collettiva”, afferma intervenendo nell’ampio dibattito in corso Daniela Bertolusso, coordinatrice dell’associazione Amici di Don Bosco Onlus, ente accreditato per l’adozione internazionale, emanazione del mondo salesiano, che, in controtendenza, negli ultimi tre anni ha aumentato il numero dei minori adottati, puntando molto su incontri di formazione “post adozione” e sulla ricerca delle origini, coinvolgendo genitori e giovani adottati.
Innazitutto, secondo Bertolusso, “alcuni Paesi hanno avviato serie politiche di promozione dei diritti dell’infanzia e, anche grazie ad un’economia in crescita, applicano con rigore il principio di sussidiarietà dell’adozione internazionale, affidando alle famiglie straniere solo i minori che non trovano accoglienza in adozione nazionale (bambini grandi, con necessità particolari o speciali, nuclei di fratelli). In altri Stati si sono fatte strada tendenze nazionaliste: in queste ipotesi, la politica internazionale gioca sulla pelle dei bambini, che non hanno una valida alternativa nel loro Paese di nascita e sono destinati a crescere senza una vera famiglia. Altri Paesi hanno carenze strutturali (a livello di politiche e di personale) rispetto alle quali un serio lavoro di cooperazione guidato dalla Commissione adozioni internazionali potrebbe in qualche modo essere d’aiuto”.
Sul versante italiano, “oltre alla discontinuità (in leggero miglioramento) delle relazioni tra la Cai e le Autorità centrali partner, gioca un ruolo decisivo la difficile corrispondenza tra le disponibilità all’accoglienza maturate dalle coppie e i bisogni dei bambini che oggi vanno in adozione internazionale. Un incastro sempre più delicato da realizzare, se si lavora con responsabilità e coscienza. Il richiamo alla responsabilità vale per tutti: per gli Enti autorizzati, che non possono solo essere spinti dalla necessità di fare abbinamenti e che hanno il dovere di accompagnare per un periodo significativo le famiglie dopo l’adozione. Per coloro che valutano l’idoneità delle coppie, affinché si mantengano sempre più aderenti agli attuali scenari dell’adozione internazionale. Per le coppie, che magari sono in attesa da lungo tempo rispetto a un bambino che oggi ‘non esiste (quasi) più’, perché rinunciare a un progetto in cui si era investito molto, a livello affettivo e anche economico, richiede infinito coraggio. Per le Autorità centrali, chiamate a progettare con tutti gli Attori istituzionali ed i partner stranieri un nuovo modello di adozione internazionale, che preveda adozioni miti, forme di affido internazionale che tutelino i diritti dei minori ad avere una famiglia”
“Adozione 3.0″, il raggruppamento di tutti gli Enti italiani autorizzati all’adozione internazionale, esprime in un comunicato “la sua preoccupazione per il continuo calo delle adozioni, quest’anno decisamente negativo, con una diminuzione del 14% rispetto al 2018 e con una cifra complessiva per la prima volta inferiore ai 1.000 procedimenti, con 969 procedure concluse nel corso del 2019”.
Prosegue la nota: “Pur apprezzando la tempestività della Cai ed il suo impegno di trasparenza, voluto e mantenuto dalla vicepresidente Laera, nel pubblicare sul proprio sito i dati aggiornati al 31 dicembre 2019, preoccupa molto che importanti Paesi di provenienza dei minori come la Cina, la Federazione Russa, la Bielorussia e il Vietnam abbiano ridotto in modo significativo il numero di adozioni verso l’Italia. Anche se Paesi come Colombia e Perù segnano un significativo incremento, il dato complessivo e generale resta decisamente negativo”.
Occorre, anzi “urge il rilancio delle adozioni internazionali che sollecitiamo da diversi anni, sia consolidando e sviluppando il fronte internazionale dei paesi di provenienza dei minori, sia nel consolidamento del sistema Italia con maggior incisività di tutti i suoi soggetti operativi, sia con un vero e tempestivo contributo alle coppie. Alle 3.039 coppie attualmente in carico agli enti autorizzati è urgente dare una prospettiva più breve di attesa”.
Incomprensibile ed ingiustificabile, secondo il Coordinamento, invece è il dato emerso dal rapporto dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza: “DisOrdiniamo! Secondo monitoraggio delle risorse nazionali dedicate all’infanzia e all’adolescenza nel bilancio dello Stato 2012-2018”. Dal rapporto, “emerge che dal 2013 al 2017 sono stati stanziati per il fondo a sostegno delle adozioni internazionali più di 42 milioni, di cui sono stati spesi 10 milioni. Mentre per le attività di cooperazione a sostegno dell’adozione internazionale, sempre negli stessi anni, sono stati stanziati quasi 59 milioni e spesi solo 848mila euro”. “Adozione 3.0″ esprime “non solo grande sorpresa ma forte critica per questa situazione, chiaramente a carico dei precedenti Governi, che sono rimasti sordi alla richiesta di rilancio delle adozioni internazionali”. Perciò il coordinamento “rinnova con forza l’appello all’attuale Governo perché attui con decisione un vero e concreto rilancio del settore perché l’adozione è un bene per tutti”.
Nel 2019 sono state concluse 969 procedure di adozione internazionale: dato in calo del 14% rispetto al 2018 (1130 adozioni) e del 3,4% rispetto al 2017 (1169). Lo rivela la Commissione adozioni internazionali che, in attesa della pubblicazione del report statistico annuale, anticipa i dati dell’anno appena concluso, aggiornati al 31 dicembre.
Le diminuzioni che maggiormente hanno pesato sul numero complessivo di minori arrivati in Italia riguardano la Cina (46 adozioni del 2019 rispetto alle 84 del 2018), la Federazione Russa (da 152 del 2018 alle 126 del 2019), la Bielorussia (72 rispetto a 91 nel 2018) e il Vietnam (37 rispetto alle 54 del 2018).
Ma “nonostante un calo generalizzato riscontrabile in quasi tutti i paesi di provenienza dei minori, – spiega la Commissione – alcuni paesi hanno invertito positivamente la tendenza come, per esempio, la Colombia che passa dalle 128 adozioni del 2018 alle 161 del 2019 e il Perù che conclude con 44 adozioni nel 2019 rispetto alle 24 del 2018. Si notano inoltre contenuti incrementi nei dati, per esempio, di Filippine o Ucraina”.
Colombia (161) e Federazione Russa (126) sono i paesi con il numero più alto di bambini adottati in Italia; seguono India (96), Ungheria (88) e Bielorussia (72). Tra gli enti, a perfezionare il maggior numero di adozioni è la ong torinese Cifa (97), ma complessivamente sono oltre 3mila le procedure pendenti in capo agli enti autorizzati.
La Commissione fa sapere di aver svolto nel corso del 2019 nove incontri bilaterali con le autorità dei paesi di provenienza dei minori “con l’auspicio della possibile apertura di alcuni paesi all’adozione internazionale”. (Redattore Sociale)
Nel corso dell’ultima seduta del 18/12/2019, la Commissione per le Adozioni Internazionali (Cai) ha deliberato di differire al terzo trimestre del 2020 (1 luglio – 30 settembre) il periodo di presentazione delle istanze di autorizzazione.
La Commissione, si legge in un nota della stessa Cai, ha stabilito di limitare la presentazione delle istanze ai soli Enti già iscritti all’Albo e per quei Paesi in cui non siano già presenti Enti e nei quali l’Autorità Centrale/Competente sia chiaramente identificabile. Infine, nel caso di fusione tra due enti, la Commissione ha disposto che potrà concedere autorizzazioni all’ente incorporante nel Paese in cui sia già accreditato l’ente incorporato.
La Commissione si riserva di apportare, con successive deliberazioni, integrazioni a detti criteri.
Sono 1.394 i minori di origine straniera adottati nel 2018 da coppie italiane, 1.130 quelle in possesso di decreto di idoneità che hanno concluso con successo l’iter adottivo attraverso l’intermediazione di un ente autorizzato (-3% rispetto al 2017). Sono i dati contenuti nel Report annuale pubblicato dalla Commissione adozioni internazionali e realizzato in collaborazione con l’Istituto degli Innocenti che confermano alcune caratterische già emerse negli anni precedenti per le coppie: età elevata (tra i 40 e i 44 anni), alto livello di istruzione, prevalenza di professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione. Anche i bambini sono più grandi, l’età media è tra 5 e 9 anni, mentre nel 2000 variava da 1 a 4 anni, e il 70% ha uno o più special needs. Dal Report emerge però anche un altro dato: il calo di adozioni internazionali osservato negli ultimi anni sembra essersi arrestato, anche se si registrano nuovi minimi storici per le coppie adottive e per i minori entrati nel nostro Paese. “Nonostante questo l’Italia rimane sia in termini assoluti, per numero di ingressi annui, sia in termini relativi, per esempio in rapporto alla popolazione minorile residente, tra le nazioni del mondo che hanno i più alti tassi di adozione internazionale – si legge nel Report – A ciò si deve aggiungere, la constatazione che, tra le nazioni a forte flusso di ingresso a scopo adottivo, il nostro Paese è quello che registra la minore riduzione nell’ultimo decennnio”.
Le coppie adottive che hanno concluso l’iter con successo nel 2018 sono state 1.130, in leggero calo rispetto al 2017. “Il dato, pur facendo segnare un nuovo minimo della numerosità delle coppie adottive sembra sancire la fine del progressivo calo registrato negli ultimi anni”. Rispetto al triennio 2016-2018 si registra una riduzione del 27% che arriva al 54% se si prende come riferimento il 2012, anno in cui le coppie erano 2.469. Nel 2018 le coppie provenienti dalle regioni del Nord rappresentano il 47% del totale con la Lombardia al primo posto con 165 coppie. L’Italia centrale rappresenta il 22% del totale, con il Lazio in testa con 122 coppie, mentre le regioni del Sud il 31%, Puglia e Campania quelle con il maggior numero di coppie adottive, 97. Il tasso annuo nazionale nel 2018 è 13,6 coppie ogni 100 mila coppie coniugate di 30-59enni “che sancisce significative differenze territoriali con i valori massimi dei tassi che si addensano nelle aree del Centro e del Nord del Paese”. Le performance più alte si registrano in Toscana (20), Friuli Venezia Giulia (19), Veneto ed Emilia-Romagna (18), valori più bassi in Sardegna (6), Valle d’Aosta, Molise e Sicilia (7).
Nel 2018 i bambini stranieri per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione all’ingresso in Italia a scopo adottivo sono 1.394 ovvero in media 1,23 a coppia adottiva. “Nell’ultimo biennio la diminuzione delle autorizzazioni all’ingresso sembra essersi arrestata, registrando una riduzione di appena il 3%”. Il tasso annuo si mantiene sui valori registrati nel 2017, si parla di 14 minori adottati su 100 mila residenti. Nel 2018 le regioni con le più alte performance adottive risultano il Friuli Venezia Giulia (22,8 minori autorizzati ogni 100 mila residenti sul territorio), la Puglia (22,5), la Basilicata (21,1) e la Toscana (21). Molise e Sardegna quelle con i valori più bassi: rispettivamente 6,9 e 6,5. Sono 38 i Paesi di provenienza dei bambini, con la Federazione Russa al primo posto con 200 minori adottati in Italia (il 14% del totale). Al di sopra delle 100 adozioni ci sono Colombia (169), Ungheria (135), Bielorussia (112), India (110). Tra le 50 e le 100 adozioni ci sono Bulgaria, Repubblica popolare cinese e Vietnam. I restanti 30 Paesi contano meno di 50 adozioni. I bambini sono soprattutto maschi e grandi: tra il 2012 e il 2018 i maschi sono il 60% degli adottati (il 59% nel 2018) e la classe tra 5 e 9 anni rappresenta in media il 45% del totale degli ingressi (47% nel 2018). L’età dei bambini varia molto in base al Paese di provenienza: si va dai 12,6 anni in media registrati in Bielorussia all’1,4 di Corea del Sud e Armenia. Le età medie superano il valore medio in un blocco di Paesi dell’Europa dell’Est e del Sudamerica: Moldavia (9,2), Bulgaria (8,4), Cile (8,6), Brasile (8,2). Tra i Paesi con età particolarmente bassa dei bambini adottati ci sono l’Etiopia (2,6) e il Vietnam (3,1).
Sono 981 i bambini con uno o più special needs adottati nel 2018, il 70% del totale. Nella maggior parte dei casi di tratta di minori adottati con più di sette anni (il 60%): per il 27% l’età risulta l’unica caratteristica, per il 23% è accompagnata da una situazione di fratria (più fratelli adottati), per il 6% da situazioni legate a traumi e per il restante 4% sono riscontrate tutte e tre situazioni di special needs. Il 16% del totale è legato esclusivamente a traumi, problemi comportamentali, incapacità fisica e mentale che, in concomitanza con l’esistenza di fratrie, scende al 5%. Esclusivamente nel’ambito delle fratrie si conta il 20% del totale degli special needs. Tra i Paesi a maggiore frequenza ovvero le realtà in cui l’incidenza degli special needs riguarda almeno il 90% degli adottati si segnalano la Bielorussia, il Brasile, il Cile e la Moldavia. (Redattore Sociale)
Recenti articoli di stampa e soprattutto certe immagini possono veicolare un’idea di adozione internazionale lontana dalla realtà. Nel corso degli ultimi anni si è assistito infatti a una radicale modifica delle tipologie di bambini che i Paesi esteri destinano all’adozione. Immagini di neonati con relativo cartellino del prezzo attaccato al polso esistono solo nelle fantasie di chi forse non ha mai rinunciato all’idea di un mercato dei bambini possibilmente piccoli e bianchi.
In realtà, l’età media dei bambini che entrano in adozione internazionale è di circa 8 anni. Di questi, la maggior parte è costituita da minori con special needs. I paesi di provenienza hanno attuato progressivamente politiche nazionali di protezione dell’infanzia, con il risultato che, sempre di più, l’adozione deve considerarsi uno strumento sussidiario e residuale. Inoltre, nessuna coppia può vantare un diritto ad adottare, configurandosi tutto l’iter adottivo come una mera disponibilità ad accogliere un minore in adozione, talché il mandato che si conferisce a un ente è di mezzo e non di risultato.
Anche la tipologia delle coppie che intraprendono percorsi adottivi è mutata nel corso degli anni. Progressivamente, l’età media è abbastanza elevata già in partenza e certamente i tempi di attesa incidono ulteriormente sul dato anagrafico. Va ricordato, a questo proposito, che i tempi lunghi di attesa dipendono prevalentemente dalle procedure all’estero in quanto lo stato di provenienza è sovrano nel determinare quale bambino abbinare a una certa coppia, in comparazione con le coppie di tutto il mondo e nello stabilire i requisiti che questa deve possedere anche diversi e maggiormente stringenti rispetto a quelli previsti dalla nostra normativa. Può pertanto ragionevolmente verificarsi che in questa comparazione una coppia non venga mai presa in considerazione, poiché non è affatto scontato ne’ automatico che a ogni mandato corrisponda una proposta. Ciò nonostante, l’Italia ha il maggior numero di ingressi in Europa ed è seconda nel mondo in termini assoluti.
Le coppie italiane mostrano grande disponibilità all’accoglienza anche di bambini grandicelli e con bisogni speciali diversamente da altri Paesi che progressivamente si stanno ritirando dall’adozione internazionale.
Questa è una peculiarità del nostro Paese che va riconosciuta e valorizzata, indice di una generosità verso i bambini più svantaggiati che purtroppo non sempre emerge dal contenuto di certi articoli o trasmissioni che trattano l’adozione internazionale come dell’acquisto di un prodotto utile a soddisfare desideri e bisogni degli adulti e non quale prezioso strumento di tutela per l’infanzia abbandonata nel mondo. (dal sito della Comissione adozioni internazionali)
La Commissione per le Adozioni Internazionali, nella persona del Vice Presidente, dott.ssa Laura Laera, insieme ai commissari Anna Guerrieri e Gianni Bardini, ha incontrato nella giornata del 21 gennaio a Roma M.me Abibatou Youm Siby e M. Amadou Ndiaye, rappresentanti dell’Autorità Centrale del Senegal, in visita in Italia.
L’incontro, che si è svolto in un clima di viva cordialità, ha consentito di definire alcuni aspetti delle procedure adottive pregresse e programmare gli interventi necessari per avviare la collaborazione tra i due Paesi, alla luce della nuova normativa emanata in Senegal a seguito della ratifica della convenzione dell’Aja. È stata concordata la successiva realizzazione di un Accordo Bilaterale tra l’Italia e la Repubblica del Senegal.
La Commissione per le adozioni internazionali (Cai) rende noto che nell’anno 2018 è stato autorizzato l’ingresso in Italia di 1394 minori. In particolare i minori provenienti dall’Europa sono stati 640, dall’Africa 121, dall’America centrale e meridionale 330 e dall’Asia 303. La Federazione Russa rimane il Paese con il maggior numero di minori adottati (200), seguita dalla Colombia (169), dall’Ungheria (135), dalla Bielorussia (112) e dalla Cina (84). Tali ingressi, secondo la Cai, “non si discostano in modo rilevante da quelli del 2017, nonostante la chiusura e il rallentamento di alcuni Paesi”.
Nel 2017 i minori adottati erano stati complessivamente 1.439.
Con il segno più, invece, i dati relativi ad Amici di Don Bosco Onlus. Nel 2018 sono stati adottati 27 minori, da un totale di 17 coppie: 22 minori provengono dalla Colombia, 3 dal Benin e 2 dalle Filippine. Nel 2017 erano stati adottati 22 minori, da 15 coppie. Promettente anche la tendenza per il 2019: sette copie sono in ttesa di partenza per accogliere 10 bambini, in seguito alla conferma dell’abbinamento.
La rivista “Vita” ha intanto mappato il bilancio parziale relativo agli Enti accreditati (26 su 55 quelli che al 7 gennaio avevano già pubblicato dati complessivi o parziali sul proprio sito).
Sommando questi dati parziali, scrive “Vita”, “risulta che sono certamente stati adottati in Italia non meno di 831 bambini”. Rispetto ai singoli enti, sempre secondo i dati pubblicati online, “Cifa risulta quello con più adozioni concluse nel 2018 con 137 minori entrati, seguito da Nadia (82 adozioni concluse), Naaa (67 minori e 58 adozioni), Asa (66 minori), AiBi (53 minori e 44 coppie), International Adoption (44 minori al 5 dicembre 2018).
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